Ieri sera c'ero anche io a Milano. In un locale di cui non faccio il nome
perché non merita pubblicità un posto a cui avevo chiesto com'era l'accessibilità (ci sono gradini? No, al massimo poi l'aiutiamo noi/ arrivo, c'è un gradino - piuttoto alto - mi presento al titolare, che mi dice: "quando arriva la ragazza disabile l'aiutiamo"/ "sono io la ragazza disabile" / "come è lei? io disabile intendo uno in carrozzina" e la pianto qui, per far capire il livello, la bassezza, del non saper nemmeno dire "mi scusi, ho frainteso, nonostante lei mi avesse detto "deambulo autonomamente", perchè forse non sapeva qual è il significato...)
per la serata promossa da Lifegate, in cui (nella seconda parte) c'era Manuel Agnelli, con quella sorta di biografia, raccolta d'interviste "senza appartenere a niente mai", scritta da Federico Guglielmi.
Quest'anno è la seconda volta che vedo Manuel Agnelli dal vivo (la prima ero a Gallarate e parlai QUI CLICK!) e, mentre nell'altra occasione mi sono sentita il cuore uscirmi dal petto quando lui è sceso dalla scalinata accanto a dov'ero seduta, ieri mi sono trovata con la faccia a trenta centimetri dalla sua, che sorrideva, dopo che un goffo cameriere mi aveva "aiutata" (sollevandomi a mò di sacco di patate) a fare i due gradini per accedere al bagno disabili, e non sono nemmeno riuscita a dirgli "ciao Manuel! Grazie per i tuoi testi, per la tua musica", ma neanche solo "Ciao". Ero di pietra.
Agnelli ha detto che gli piace molto come sia stato scritto il libro. Che il giornalista che lo ha scritto, raccogliendo tutte le sue interviste, ha avuto coraggio, nell'utilizzare un linguaggio "diretto" e duro (un po' come il suo) anzichè il linguaggio con cui normalmente scrivono i giornalisti, cercando di non sbilanciarsi troppo.
Oltre a raccontare del libro ha anche cantato diversi pezzi, il primo di Bruce Springsteen. La voce di Manuel non tradisce mai. E' forse anche più bella di quella che sentiamo registrata sui cd. E' una forza che lui sembra dover necessariamente buttare fuori.
Durante l'intervista col brioso Ezio Guaitamacchi ha anche asserito che, in italia, se non sei laureato non vieni calcolato. Che devi sempre dimostrare di essere titolato in qualcosa, perché il semplice fatto che tu suoni perché lo senti nella pancia, sembra non avere lo stesso valore. Ha raccontato di aver studiato pianoforte, ma che è troppo impegnativo portarselo appresso nei concerti e che, dopo le prime esperienze musicali, ha preferito dedicarsi alla chitarra che suona (Ezio ha detto "scordata", ma credo fosse ironico!) senza mai avere imparato a farlo.
Agnelli ha svelato di avere un ego molto grande (ma io credo che tutti gli artisti lo abbiano, o non sarebbero artisti), e che il libro lo abbia fatto scrivere per lui, innanzitutto, prima che per gli altri. Ha anche raccontato che, in questi anni ha collaborato con diverse band, perché il fatto di essere a contatto con qualcun'altro di egocentrico, lo mette un pochino in secondo piano, gli fa rivalutare diverse cose che, magari, da solo, non avrebbe considerato. Ha anche detto che la gente sa di te solo quello che dice la tv e la tv dice che sei andato una volta a Sanremo, ma non che hai rinunciato altre tre o quattro volte, perché eri impossibilitato a farlo, avevi altro ma saresti stato invitato.
Purtroppo non ricordo la scaletta dei pezzi fatti. Ricordo solo che l'ultimo brano era "Ballata per la mia piccola iena" e, dopo che si era tolto la chitarra, aveva salutato, c'è stata una fragorosa richiesta di bis e l'artista è risalito sul palco per concludere la serata con la bellissima "Quello che non c'è".
(a Vera B., che non c'era)