(Buona immersione!)
FEDERICO
(P. 27) …è una fortuna uscire accompagnati…
“Mi
sorrise e
mi disse
di non preoccuparmi:
da
grande, mi avrebbe presa in braccio lui
per fare
i tre piani di scale.
Credo
avesse cinque anni
le gambe
scheletriche
, come
le mie,
i
capelli drittissimi, un paio d’occhiali rotondi
e una
sorellina piccolissima.
Cinque
anni fa, al funerale di mio nonno,
il
nostro ultimo incontro
lui è un
ragazzo oramai
le gambe
ancora più lunghe
e
muscolose, porta ancora gli occhiali.
Abbiamo
incrociato gli sguardi
pochi
minuti appena
mi sono
avvicinata a lui
dandogli
un bacio, grazie Fede!”
(Lila
Ria, Gennaio 2016)
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L’HIGHLINE
(P. 87) ...e qui...
“Per me
New York era un sogno
vecchio
di vent’anni
e mai (o
quasi) avrei pensato
di
riuscire a realizzarlo.
Era un
settembre estivo
quando
raggiungemmo l’high line
attratti
da un murales di Banksy
“love is the answer” salimmo.
Le porte
verdi trasparenti
dell’ascensore
esterno
che
conduce alla lunga passeggiata
dove una
volta c’era una ferrovia.
Artisti
ai lati che disegnavano
turisti
a piedi, nel mezzo,
una
gigantesca struttura di lego bianchi,
a cui
aggiungere pezzi.
E poi la
striscia d’acqua
fresca,
da togliersi scarpe e calze
e sfiorarla
con i piedi,
sorridere,
sentirsi liberi”.
(Lila
Ria, 31 gennaio 2016)
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LA
LAUREA DI GLORIA
(P. 111)
“La
prima volta che misi piede
alla
Cattolica di Milano
avevo
venticinque anni
e un
vestitino verde militare leggerissimo e scollato
le gambe
umide, per il caldo.
Il
viaggio in auto con Riky e Geko
il
disagio di chi troverai che non conosci
e te
seduta lì, su una scrivania
in
corridoio / in attesa
con il
reggiseno rosso che s’intravede.
Gli
occhi in piedi che ti guardano
vestiti
di tutto punto
seriosi
e accollati
il
discorso di cui non ho memoria,
i
genitori entusiasti di lei, un traguardo raggiunto.”
(Lila
Ria, 31 gennaio 2016)
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LE
PERSONE SEDUTE A TERRA
(P. 64) Io voglio solo assolicchiarmi un po’…
“Le
persone sedute a terra
gambe
incrociate
con un
libro in mano
e
baciate dal sole,
sono
loro che invidio.
La gente
gli cammina attorno
con le
borse
le
tracolle, i pc portatili,
il
cellulare all’orecchio,
e loro
non ne vengono minimamente sfiorati.
Immersi
in un altrove distante
in cui
esistono altri rumori,
persone
e parole diverse,
storie
coinvolgenti,
strappati
a questo caotico mondo”.
(Lila Ria, 31 gennaio 2016)
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LONDRA
2008 – NATIONAL GALLERY
(P. 23) …qualcuno si riposa… un altro pensa, o
immagina, qualcuno ha corso a perdifiato…
“Le
panchine nei musei
rilassano
le stanche membra
e il
cervello, nel silenzio ovattato,
[spezzato
solo dai rimori delle scarpe]
è libero
di viaggiare.
E puoi
vedere le immagini correre leggere
puoi
sentire l’odore
dell’aria
che respirano
puoi
udire le chiacchiere
dei
personaggi ritratti.
Le
panchine nei musei
sono i
caffè a metà mattina:
puoi
prenderti un attimo
di
pausa, da tutto
e che
sia solo tuo.”
(Lila
Ria, Gennaio 2016)
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N. Y.
(P. 20) e la regina guarda tutti…
“Il
poliziotto venne in mio soccorso
mentre
io attendevo inutilmente
un
ascensore guasto.
Mi disse
che era molto semplice:
sarei
dovuta andare in un’altra stazione
, e poi,
prendere
una metro
, e poi,
prendere
un treno
e sarei
arrivata.
Lo
pregai di darmi un’altra soluzione
che
quella era troppo impegnativa
per le
mie gambe.
Chiamò
allora il suo boss
e poi
una collega
e le
disse di attendere
a young
girl
with a
pink wheelchair
e due
accompagnatori
e che
non dovevo pagare un altro biglietto.
Mi
sorrise / lo ringraziai / mi salutò
e
all’altra stazione
tutto
filò liscio.
La
giovane ragazza
trentacinqu’enne
giunse a
destino.”
(Lila
Ria, Gennaio 2016)
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RINCHIUSA
IN QUESTA GABBIA SOLITARIA
(P. 19) …un’ape da dentro guarda fuori…
“Rinchiusa
in questa gabbia solitaria
di vetro
trasparente
mi
chiedo
cosa ci
sia realmente là fuori.
Se la
donna che vedo
stia
facendo la spesa per lei
o è solo
un tramite
per un’altra
famiglia.
Se
quell’uomo nell’angolo
sia in
attesa
di
qualcuno, oppure
stia
solo pensando.
Se la
mamma gatta
con quel
pancione,
che
ormai le struscia a terra,
fatichi
quanto me
in
questo mondo.”
(Lila
Ria, gennaio 2016)
Le immagini in bianco e nero che hanno ispirato i miei testi sono del Prof. Giuseppe Varchetta (sito: http://www.giuseppevarchetta. it/ ) e fanno parte del taccuino fotografico "ON S'EST RECONNUS PARIS" - ediz. Il Foglio Clandestino, Milano - di cui ho scritto sulla mia pagina anobii (click!)
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