Wrrrromm gn gn.
Sobbalzi strani.
Pigio l’acceleratore. Nulla.
Abbasso la radio.
Wrrrromm gn gn.
L’auto prosegue per un paio di metri.
Cazzo Christine resisti!
Spengo la radio. Metto le quattro frecce. Christine si ferma, accanto al guardrail, a duecento metri dal fottuto benzinaio.
Due poliziotti accostano. Quello più giovane mi guarda dall’interno del loro abitacolo “signorina ha problemi con l'auto?”
Gioca con la tua faccia da brava ragazza e fai la bionda svampita.
“Guardi...” con gli occhi da cucciolo smarrito “non so proprio cosa possa essere accaduto. Non va più.”
Lui apre la portiera, scende dall’auto e si avvicina, immergendo la faccia nello spazio del mio finestrino “ma non è che le manca la benzina?".
Ero combattuta tra il piangere per quanto ero stata cogliona (era una settimana che andavo in giro in riserva) e il ridere. Perché mi rendevo conto dell’assurdo caso dell’essere S.O.C.C.O.R.S.A. dalla polizia di Tornavento.
“Lei dice? Può essere”.
“Ma segnava? Giri la chiave”.
Guardiamo entrambi il lunotto. Eccola lì la mia amica spia accesa “Eh sì, segnava”.
“Inizi a spostarsi da qui”.
“Vede… io ho i comandi al volante. Ho un po’ di difficoltà”.
Il più vecchio tra i due mi dice di mettere in folle e spinge la mia auto, mentre l’altro conduce la loro auto vicino alla piazzola/rotonda/zona baldracche.
Eh sì! Perché lì c’è sempre qualche signorina col decolté in mostra e la minigonna, in attesa che qualche ometto si fermi e la carichi sulla sua auto per farsi a sua volta montare.
Il poliziotto più giovane ci viene incontro correndo, mentre l’altro gronda sudore: “Fortuna che mi hai detto ce la faccio! Ti do una mano a spingerla”.
E, in pochi minuti, mi fanno raggiungere la piazzola/zona Ticino/grigliata pasquetta con gambe di baldracca mora, non tanto giovane, che spuntano dalla sua auto. È piuttosto in carne e, mentre si finge interessata alla rivista che sta sfogliando, guarda me e sorride.
“Ha qualcuno che può darle una mano?”
“Provo a chiamare mio padre. Papà? - lui, parla, ma non si sente - papà? papà? Non risponde”.
“Suo padre dov’è ora?”
“Non saprei. Potrebbe essere ovunque, fa l'autista di camion”.
“Signorina l’aiutiamo noi”.
Avrei avuto un’alternativa: mia mamma. Lei era a casa e in quindici minuti sarebbe potuta arrivare in mio soccorso. Ma già immaginavo la scenata.
“Sei senza benzina? E come mai? Cinque minuti per farla non li avevi? Proprio vero: la sera leoni la mattina coglioni” tutto in apnea.
La sera leoni. Un po’ aveva ragione.
Sobbalzi strani.
Pigio l’acceleratore. Nulla.
Abbasso la radio.
Wrrrromm gn gn.
L’auto prosegue per un paio di metri.
Cazzo Christine resisti!
Spengo la radio. Metto le quattro frecce. Christine si ferma, accanto al guardrail, a duecento metri dal fottuto benzinaio.
Due poliziotti accostano. Quello più giovane mi guarda dall’interno del loro abitacolo “signorina ha problemi con l'auto?”
Gioca con la tua faccia da brava ragazza e fai la bionda svampita.
“Guardi...” con gli occhi da cucciolo smarrito “non so proprio cosa possa essere accaduto. Non va più.”
Lui apre la portiera, scende dall’auto e si avvicina, immergendo la faccia nello spazio del mio finestrino “ma non è che le manca la benzina?".
Ero combattuta tra il piangere per quanto ero stata cogliona (era una settimana che andavo in giro in riserva) e il ridere. Perché mi rendevo conto dell’assurdo caso dell’essere S.O.C.C.O.R.S.A. dalla polizia di Tornavento.
“Lei dice? Può essere”.
“Ma segnava? Giri la chiave”.
Guardiamo entrambi il lunotto. Eccola lì la mia amica spia accesa “Eh sì, segnava”.
“Inizi a spostarsi da qui”.
“Vede… io ho i comandi al volante. Ho un po’ di difficoltà”.
Il più vecchio tra i due mi dice di mettere in folle e spinge la mia auto, mentre l’altro conduce la loro auto vicino alla piazzola/rotonda/zona baldracche.
Eh sì! Perché lì c’è sempre qualche signorina col decolté in mostra e la minigonna, in attesa che qualche ometto si fermi e la carichi sulla sua auto per farsi a sua volta montare.
Il poliziotto più giovane ci viene incontro correndo, mentre l’altro gronda sudore: “Fortuna che mi hai detto ce la faccio! Ti do una mano a spingerla”.
E, in pochi minuti, mi fanno raggiungere la piazzola/zona Ticino/grigliata pasquetta con gambe di baldracca mora, non tanto giovane, che spuntano dalla sua auto. È piuttosto in carne e, mentre si finge interessata alla rivista che sta sfogliando, guarda me e sorride.
“Ha qualcuno che può darle una mano?”
“Provo a chiamare mio padre. Papà? - lui, parla, ma non si sente - papà? papà? Non risponde”.
“Suo padre dov’è ora?”
“Non saprei. Potrebbe essere ovunque, fa l'autista di camion”.
“Signorina l’aiutiamo noi”.
Avrei avuto un’alternativa: mia mamma. Lei era a casa e in quindici minuti sarebbe potuta arrivare in mio soccorso. Ma già immaginavo la scenata.
“Sei senza benzina? E come mai? Cinque minuti per farla non li avevi? Proprio vero: la sera leoni la mattina coglioni” tutto in apnea.
La sera leoni. Un po’ aveva ragione.
La sera prima erano passati a prendermi, per andare a una festa in
maschera.
Avevo decorato il mio vestito rosso estivo modello Marylin, applicando con delle spille da balia, sul davanti, un cuore ritagliato da un foglio con l’immagine della Regina di Cuori e sull’orlo tanti cuori di cartoncino neri e mi ero messa una coroncina in testa.
Quando arrivai, la gente era ancora sobria.
Un ragazzo avvicinandosi a me, disse: “Sei la maschera più bella. Sei la Dea dell’Amore?”
“Ti ringrazio, ma in realtà sarei la Regina di Cuori. Vedi? Ho la corona in testa”.
“Ah credevo… mi sono sbagliato”.
“Non preoccuparti”.
“Ma tu… sei di queste parti? Che gruppo musicale ti piace?”
Il ragazzo aveva un approccio davvero originale. Ma credo che il meglio di sé, lo diede poi.
“Ah ti piacciono i Beach House! Non li conosco, ma mi documenterò su questo gruppo che si fa chiamare La casa delle puttane”.
Mi guardava da dietro i suoi occhialetti da intellettuale, con espressione seriosa.
“Scusami, ho voglia di un altro cocktail” gli dissi.
E, in quel momento, feci la conoscenza della regina della festa. Una ragazza sui trent’anni, rossa, che gridava in continuazione. E rideva (“si è sparata dieci birre, prima di venire qui. E se ne sono portati appresso altre due confezioni”, mi dissero poi).
“Ciao sono Aurora”.
“Piacere Blanche”.
Stava disponendo sul tavolo i suoi tre vassoi. Ognuno contenente trenta coccinelle fatte a mano, con pomodori tagliati, formaggio, olive e capperi per occhi.
“Sai Blanche” dal nulla “io mi chiedevo COME CAZZO HAI FATTO?” gridò.
“Ma a fare cosa, scusa?”
Partì a bassa voce, di nuovo “Ad avere la voglia di fare TUTTI. QUEI. CUORICINI. PER IL VESTITO!”
“Saranno venti cuoricini, di carta. Ho fatto una striscia, disegnato un cuore, piegato la carta a fisarmonica, tagliati tutti in una sola volta”.
“Ah Gesù!” chiuse gli occhi in una sorta di trance e si appoggiò alla sedia “fortuna che hai fatto così. Saresti stata completamente pazza se li avessi fatti tutti a mano”.
Si mise a correre e raggiunse un tipo un po’ grosso, con i capelli lunghi “amore mio. Lo sai che ti amo, vero?”
“Sì lo so”.
“E tu mi ami sempre?”
“Sì” con espressione tra l’annoiato e il perso “ti amo sempre”.
E lei iniziò a strusciarsi contro di lui, che impassibile beveva un’altra delle loro birre.
“Auro, vado in salotto con gli altri ragazzi. Tu, vieni?”
“No, sto qui con le mie amiche” che poi, erano le mie amiche.
Prese anche lei una birra e Serena le fece una domanda.
“Ah, quindi state di nuovo insieme?”
“Sì e ci amiamo”.
“Vivete insieme?”
“No, vivo ancora con i miei, non ho ancora trovato lavoro e lui non mi può ospitare”.
“Va be’ dai, l’importante è che vi siate di nuovo messi insieme”.
“No, l’importante è che quel maledetto lurido bastardo non mi metta incinta! Perché io mica lo voglio uno straccia cazzi che fino a trent’anni resta in casa e mi ciuccia i soldi. Io voglio restare tutta la vita da sola, col mio amore”.
Le sue parole ci raggelarono. Ci alzammo in piedi e raggiungemmo i ragazzi in salotto.
Probabilmente erano ubriachi. Un paio indossavano cappellini di carta, altri due strimpellavano la chitarra e tutti insieme cantavano una canzone sulla base di Magic Moment.
“Sun chi nel laghett, sun chi bell e biòt , cul bigul a gala. Me giri de chi, me giri de la, me schisci una bala. Tragic Moments…”
E, nel mentre, lei improvvisava una lap dance intorno al suo bel fusto.
Terminano lì, i miei ricordi su quanto accaduto quella
sera.Avevo decorato il mio vestito rosso estivo modello Marylin, applicando con delle spille da balia, sul davanti, un cuore ritagliato da un foglio con l’immagine della Regina di Cuori e sull’orlo tanti cuori di cartoncino neri e mi ero messa una coroncina in testa.
Quando arrivai, la gente era ancora sobria.
Un ragazzo avvicinandosi a me, disse: “Sei la maschera più bella. Sei la Dea dell’Amore?”
“Ti ringrazio, ma in realtà sarei la Regina di Cuori. Vedi? Ho la corona in testa”.
“Ah credevo… mi sono sbagliato”.
“Non preoccuparti”.
“Ma tu… sei di queste parti? Che gruppo musicale ti piace?”
Il ragazzo aveva un approccio davvero originale. Ma credo che il meglio di sé, lo diede poi.
“Ah ti piacciono i Beach House! Non li conosco, ma mi documenterò su questo gruppo che si fa chiamare La casa delle puttane”.
Mi guardava da dietro i suoi occhialetti da intellettuale, con espressione seriosa.
“Scusami, ho voglia di un altro cocktail” gli dissi.
E, in quel momento, feci la conoscenza della regina della festa. Una ragazza sui trent’anni, rossa, che gridava in continuazione. E rideva (“si è sparata dieci birre, prima di venire qui. E se ne sono portati appresso altre due confezioni”, mi dissero poi).
“Ciao sono Aurora”.
“Piacere Blanche”.
Stava disponendo sul tavolo i suoi tre vassoi. Ognuno contenente trenta coccinelle fatte a mano, con pomodori tagliati, formaggio, olive e capperi per occhi.
“Sai Blanche” dal nulla “io mi chiedevo COME CAZZO HAI FATTO?” gridò.
“Ma a fare cosa, scusa?”
Partì a bassa voce, di nuovo “Ad avere la voglia di fare TUTTI. QUEI. CUORICINI. PER IL VESTITO!”
“Saranno venti cuoricini, di carta. Ho fatto una striscia, disegnato un cuore, piegato la carta a fisarmonica, tagliati tutti in una sola volta”.
“Ah Gesù!” chiuse gli occhi in una sorta di trance e si appoggiò alla sedia “fortuna che hai fatto così. Saresti stata completamente pazza se li avessi fatti tutti a mano”.
Si mise a correre e raggiunse un tipo un po’ grosso, con i capelli lunghi “amore mio. Lo sai che ti amo, vero?”
“Sì lo so”.
“E tu mi ami sempre?”
“Sì” con espressione tra l’annoiato e il perso “ti amo sempre”.
E lei iniziò a strusciarsi contro di lui, che impassibile beveva un’altra delle loro birre.
“Auro, vado in salotto con gli altri ragazzi. Tu, vieni?”
“No, sto qui con le mie amiche” che poi, erano le mie amiche.
Prese anche lei una birra e Serena le fece una domanda.
“Ah, quindi state di nuovo insieme?”
“Sì e ci amiamo”.
“Vivete insieme?”
“No, vivo ancora con i miei, non ho ancora trovato lavoro e lui non mi può ospitare”.
“Va be’ dai, l’importante è che vi siate di nuovo messi insieme”.
“No, l’importante è che quel maledetto lurido bastardo non mi metta incinta! Perché io mica lo voglio uno straccia cazzi che fino a trent’anni resta in casa e mi ciuccia i soldi. Io voglio restare tutta la vita da sola, col mio amore”.
Le sue parole ci raggelarono. Ci alzammo in piedi e raggiungemmo i ragazzi in salotto.
Probabilmente erano ubriachi. Un paio indossavano cappellini di carta, altri due strimpellavano la chitarra e tutti insieme cantavano una canzone sulla base di Magic Moment.
“Sun chi nel laghett, sun chi bell e biòt , cul bigul a gala. Me giri de chi, me giri de la, me schisci una bala. Tragic Moments…”
E, nel mentre, lei improvvisava una lap dance intorno al suo bel fusto.
"Dai! andiamo a prenderle una tanica".
Ero rimasta sola, con la baldracca che continuava a fissarmi e a ridere. Che stesse leggendo nei miei pensieri?
Quando tornarono da me, gli diedi le chiavi e mi fecero benzina.
“Non so davvero come ringraziarvi! Non mi era mai successo! Arrivare a trentatré anni e restare in riserva”.
Il più vecchio mi rincuorò “Non si preoccupi! A me è successo due settimane fa. E io ho cinquant’anni anni!”.
8 commenti:
Bravissima! Non è un caso che vinci i concorsi... Baci, Max
Massimo Pistis
Grazie Ilaria, sei una forza... ho appena letto il tuo racconto dove sei rimasta a secco (di benza). Brava, a parte il fatto a tratti esilarante; sei capace di raccontare un normale avvenimento e farlo divenire interessante dal punto di vista letterario. Questo deve fare una scrittrice, e pure uno scrittore
Bravissima, sai essere anche ironica :)
Helga Serboni Mi e' piaciuto pero' ho trovato un po' sbilanciato il rapporto tra il racconto della festa ed il presente, avrei invertiro la proporzione in favore del primo. baci
19 ore fa
Sara Pamio Ue'ue' stai calmina!!!
Comunque brava Ila molto divertente.. Però preferivo il titolo originale!
(E infatti, ora, sorellina, l'ho cambiato! :))))
Molto brava!!! Mi sembrava di essermi cimentato tra le righe di un bel romanzo!! Complimenti
Giancarlo
Libera, divertente, dolce (forse senza volerlo), anche bravissima nel portare avanti il racconto...In una parola: splendida!
(e mi sono pure messo mentalmente a canticchiare il Tragic Moments dei tuoi Perry Como Lumbàrd...:-)
ahahahahahahha! Grazie PaggioFrancesco... :*
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