Sabato 27 Settembre, h. 18:00
Io lo ammetto: non
avevo mai sentito parlare di Violetta Bellocchio. Ho visto un
bigliettino bianco, scritto con la grafia di mia madre, appuntato sul
frigo per cinque mesi. Poi l'ho vista citata da un mio contatto fb (che
ne sa, di libri) e l'ho richiesto in biblioteca, a Cassano Magnago.
Poi, molto poi (quattro giorni fa) ho scoperto che era al Premio Chiara.
Quando
ho iniziato a leggerlo, l'ho trovato molto forte. Piuttosto crudo,
estremamente sincero. Non sapevo se avrei avuto il coraggio/ la voglia
di arrivare alla fine. Poi è arrivata una parte in cui lei cita Jerry Stahl
(autore di "Mezzanotte a vita" - ne ho scritto qui, click! - edito della Leconte, la casa editrice di Roma, che ho visitato nel 2007 - click!) mi sono detta "Che figa che è questa!" e sono andata avanti a leggerla.
Libri come il suo, e come quello di Jerry Stahl, mi coinvolgono troppo. Non so assolutamente cosa loro abbiano provato, come ci si senta "se". E' come se "mi facessero male". Devo leggerli poco per volta.
Sabato la ragazza coi capelli lunghi, volontaria de "Il Premio Chiara" mi ha detto potevo sedermi in prima fila. Mia mamma, che mi ha accompagnata (se no, da sola, con la carrozzina non ce l'avrei fatta!) è rimasta in seconda fila. Accanto a me, due posti più in là, c'era una ragazza pittosto esile, tatuatissima, con un bel viso, che ho scoperto poi essere Francesca, la traduttrice di Violetta.
Io non ero agitata. Peggio.
Volevo capire com'era, che tono di voce avesse, la ragazza che aveva scritto "Il corpo non dimentica".
E poi, seguita dall'organizzatrice Bambi Lazzati, Violetta è arrivata, mi è passata accanto.
Bella ragazza! Capelli mossi, colpi di sole. Non credete a quello che scrive nel suo libro: non è per niente brutta.
La voce calda, i modi tranquilli. Si è stupita della bellezza della location che la ospitava. Ci ha chiamati "pubblico educato" e ci ha ringraziati per essere nella sala con lei, mentre in quella accanto si teneva un buffet, offerto da un pittore.
Divertente, easy, non se la tira per niente. So che ha scritto per diverse riviste. Ha scritto anche vari racconti e un romanzo nel 2009.
Michele Mancino, giornalista di Varesenews, le ha chiesto tutto quello che avrei voluto chiederle io. Per esempio dell'escamotage delle ventotto parole (era l'unico modo che Violetta aveva non mettere sulla stessa linea i ricordi che aveva), oppure la nonna Lou (quella che preveggeva chi sarebbe morto il giorno dopo), o sulla stramberia della psicanalista Meredith (che non si chiama Meredith e che è stata un bel po' modificata, per non essere riconoscibile).
Violetta ha detto che sapeva di essere una privilegiata. Che quando si è messa a scrivere il suo memorial, sapeva che avrebbe avuto un editore che voleva la sua storia.
Ha asserito che il suo non è un libro sull'alcolismo e lei non è in grado di tenere lezioni ad altre donne, che abbiano fatto il suo percorso.
(però, nel caso, nomi di strutture li aveva Bambi Lazzati).
Per "obbligarsi" a scrivere ha seguito il metodo statunitense (che però non ricordo come si chiami... No.Na. boh!) e la revisione è stata quasi assente.
Credo occorra un gran bel coraggio! per mettersi a nudo, come ha fatto lei.
E, stamattina, ho realizzato che avrei potuto chiederle "qual è la cosa che più ti ha imbarazzato scrivere, tra quelle che hai scritto?".
Cosa le abbia dato la spinta a scrivere? L'essersi accorta, al risveglio, di aver lasciato la porta di casa aperta.
Uscendo, i volontari del Premio Chiara, mi hanno ulteriormente rasserenata: sabato prossimo mi daranno una mano loro a tirar giù la carrozzina dall'auto.
Potrò quindi andare anche al seminario di scrittura. Serena.
Due curiosità:
* Il titolo del libro (all'apparenza sbavato) è stato scritto con un rossetto rosso - chi mi conosce, sa quanto io ami i rossetti rossi;
* "Il corpo non dimentica" è anche il titolo di un Harmony (wow...)
(Ah! io, comunque, la mia copia del libro l'ho acquistata. Ma, per comodità, su IBS. Quindi Violetta mi ha autografato la copia della Biblioteca. Lunedì o martedì restituirò un libro nuovo.
Non sono una ladra :)))
Una sorta di scrigno dai contenuti letterari, poetici, fotografici. Un diario dei pensieri e delle collaborazioni artistiche di Lila Ria, Ilaria Pamio
domenica 28 settembre 2014
Piero Dorfles al Premio Chiara
è stato un week end piuttosto intenso questo, per me. No, non ho fatto le 4 di notte a chissà che festa, sono stata a Varese, Villa Recalcati, in Piazza Libertà, per due appuntamenti diversi.
La Villa è bellissima. Quando l'ho vista sul pieghevole, mi sono subito allarmata. Si può parcheggiare nei dintorni, ma poi c'è tutto il vialetto di ciotoli: vedete?
E io ho delle articolazioni orrende, che si snodano a ogni minimo ostacolo. Sono stata colta (stranamente) da un'ondata d'ansia "oddio come faccio ad andare lì? E mi devo fare tutto il tragitto in carrozzina? E se poi...".
- sì, lo so. Parlo sempre delle mie difficoltà "fisiche". Però dieci anni fa non le avevo. Non in questa misura, intendo. E mica ci pensavo io a queste cose.
Adesso invece ogni cosa che devo fare, penso: ce la faccio? Ci arrivo? Come posso fare? Chi mi aiuta?
Mi serve a esorcizzare: più lo scrivo, lo sbatto in faccia agli altri, meno mi pesa sopportarlo.
Comunque io credo nella medicina: troveranno la cura, mi sistemeranno e non solo non avrò più menate con ciotolati, terreni sconnessi, scale, ma andrò anche a farmi una corsetta prima di iniziare la mattinata lavorativa. Torniamo alle due giornate di Festival, scusate -
E invece, nonostante tutto, ce l'ho fatta. Ho rispettato entrambi gli appuntamenti che mi ero prefissata.
Venerdì 26 Settembre, h. 21:00
Ero cottissima, lo ammetto. Ma tale era la voglia di rivedere Piero Dorfles, che già avevo visto al Festival Letteratura di Mantova (click!), che mi sono recata nel luogo prefissato.
Arrivata a Villa Recalcati, Serena, che mi ha individuata (essendo seduta su una carrozzina) mi ha condotta nella postazione che avevo chiesto di riservarmi: terza fila, esterno sinistro, che posso distendere il ginocchio che mi fa male.
Intorno alle 21 Dorfles è arrivato. L'applauso per lui non è stato calorosissimo. Ma questo, forse, è perchè "noi al nord esterniamo un po' meno i nostri sentimenti".
Lo ha introdotto, molto bene, il professor Roberto Carnero e quindi, lui, ha parlato del suo "I cento libri che rendono più ricca la nostra vita". Ha voluto sottolineare che non è la lista dei suoi libri preferiti, sono i libri che, secondo lui, se conosciuti, possono non farci trovare impreparati tra amici, nelle conversazioni, meno estranei al mondo.
Io, purtroppo, non leggo molto. Leggerò dieci libri all'anno, forse. E non leggo (quasi) mai quelli della mia lista dei desideri. C'è sempre qualche libro che sbuca dal nulla (esempio, di recente "Il corpo non dimentica" di Violetta Bellocchio, di cui parlo qui - click! ) e gli altri, i "classici", passano poi in secondo piano.
Dorfles ha parlato dell'importanza di far amare la lettura, delle biblioteche che dovrebbero esistere ed essere accessibili sempre (e non chiuse a chiave perchè si teme i ragazzi possano rubarne i libri, o, anche se lo facessero, benvenga! vuol dire che è piaciuto), del potere del lettore di abbandonare un libro dopo trenta pagine, se non gli è piaciuto, ma che dovrebbe spiegare perchè non gli è piaciuto.
Ha anche detto che i cento libri suggeriti non dovono necessaramente far parte del nostro vissuto (mi ha fatto morire una frase, lui non l'ha letta, ma la cito io, perchè ne sono personalmente coinvolta - ho abbandonato mesi fa "Il maestro e Margherita", ma solo perchè l'avevo preso in prestito in biblioteca! Poi l'ho acquistato, poi... ora che potrei leggerlo sempre, è lì che mi aspetta, comunque - a P. 13 del suo libro dice "Se no, beati voi: avete ancora da godere si una delle più straordinarie creazioni letterarie che l'uomo sia mai stato capace di inventare". Quindi, io rientro tra i beati voi.
Mi ha fatto piacere che esemplificando una frase che potrebbe essere detta in ufficio "oggi mi sento uno scarafaggio", abbia preso in considerazione uno dei libri che più abbia amato da ragazzina ("La metamorfosi" di Kafka). In questo modo non mi sono sentita un'ignorante completa.
Ah! Quando mi sono avvicinata alla sua scrivania, per farmi fare l'autografo, ho estratto dalla mia baguette nera il report scritto dopo Mantova. Gli ho detto "Dorfles ho un regalo per lei!"
"Ah sì?". Poi ho appoggiato la borsetta al suo ripiano, ho estratto il foglio presentato a fisarmonica, glielo ho porto "Lo leggo dopo". "Grazie!"
Ma ci credo poco, che lo faccia.
La Villa è bellissima. Quando l'ho vista sul pieghevole, mi sono subito allarmata. Si può parcheggiare nei dintorni, ma poi c'è tutto il vialetto di ciotoli: vedete?
E io ho delle articolazioni orrende, che si snodano a ogni minimo ostacolo. Sono stata colta (stranamente) da un'ondata d'ansia "oddio come faccio ad andare lì? E mi devo fare tutto il tragitto in carrozzina? E se poi...".
- sì, lo so. Parlo sempre delle mie difficoltà "fisiche". Però dieci anni fa non le avevo. Non in questa misura, intendo. E mica ci pensavo io a queste cose.
Adesso invece ogni cosa che devo fare, penso: ce la faccio? Ci arrivo? Come posso fare? Chi mi aiuta?
Mi serve a esorcizzare: più lo scrivo, lo sbatto in faccia agli altri, meno mi pesa sopportarlo.
Comunque io credo nella medicina: troveranno la cura, mi sistemeranno e non solo non avrò più menate con ciotolati, terreni sconnessi, scale, ma andrò anche a farmi una corsetta prima di iniziare la mattinata lavorativa. Torniamo alle due giornate di Festival, scusate -
E invece, nonostante tutto, ce l'ho fatta. Ho rispettato entrambi gli appuntamenti che mi ero prefissata.
Venerdì 26 Settembre, h. 21:00
Ero cottissima, lo ammetto. Ma tale era la voglia di rivedere Piero Dorfles, che già avevo visto al Festival Letteratura di Mantova (click!), che mi sono recata nel luogo prefissato.
Arrivata a Villa Recalcati, Serena, che mi ha individuata (essendo seduta su una carrozzina) mi ha condotta nella postazione che avevo chiesto di riservarmi: terza fila, esterno sinistro, che posso distendere il ginocchio che mi fa male.
Intorno alle 21 Dorfles è arrivato. L'applauso per lui non è stato calorosissimo. Ma questo, forse, è perchè "noi al nord esterniamo un po' meno i nostri sentimenti".
Lo ha introdotto, molto bene, il professor Roberto Carnero e quindi, lui, ha parlato del suo "I cento libri che rendono più ricca la nostra vita". Ha voluto sottolineare che non è la lista dei suoi libri preferiti, sono i libri che, secondo lui, se conosciuti, possono non farci trovare impreparati tra amici, nelle conversazioni, meno estranei al mondo.
Io, purtroppo, non leggo molto. Leggerò dieci libri all'anno, forse. E non leggo (quasi) mai quelli della mia lista dei desideri. C'è sempre qualche libro che sbuca dal nulla (esempio, di recente "Il corpo non dimentica" di Violetta Bellocchio, di cui parlo qui - click! ) e gli altri, i "classici", passano poi in secondo piano.
Dorfles ha parlato dell'importanza di far amare la lettura, delle biblioteche che dovrebbero esistere ed essere accessibili sempre (e non chiuse a chiave perchè si teme i ragazzi possano rubarne i libri, o, anche se lo facessero, benvenga! vuol dire che è piaciuto), del potere del lettore di abbandonare un libro dopo trenta pagine, se non gli è piaciuto, ma che dovrebbe spiegare perchè non gli è piaciuto.
Ha anche detto che i cento libri suggeriti non dovono necessaramente far parte del nostro vissuto (mi ha fatto morire una frase, lui non l'ha letta, ma la cito io, perchè ne sono personalmente coinvolta - ho abbandonato mesi fa "Il maestro e Margherita", ma solo perchè l'avevo preso in prestito in biblioteca! Poi l'ho acquistato, poi... ora che potrei leggerlo sempre, è lì che mi aspetta, comunque - a P. 13 del suo libro dice "Se no, beati voi: avete ancora da godere si una delle più straordinarie creazioni letterarie che l'uomo sia mai stato capace di inventare". Quindi, io rientro tra i beati voi.
Mi ha fatto piacere che esemplificando una frase che potrebbe essere detta in ufficio "oggi mi sento uno scarafaggio", abbia preso in considerazione uno dei libri che più abbia amato da ragazzina ("La metamorfosi" di Kafka). In questo modo non mi sono sentita un'ignorante completa.
Ah! Quando mi sono avvicinata alla sua scrivania, per farmi fare l'autografo, ho estratto dalla mia baguette nera il report scritto dopo Mantova. Gli ho detto "Dorfles ho un regalo per lei!"
"Ah sì?". Poi ho appoggiato la borsetta al suo ripiano, ho estratto il foglio presentato a fisarmonica, glielo ho porto "Lo leggo dopo". "Grazie!"
Ma ci credo poco, che lo faccia.
domenica 21 settembre 2014
il festival del racconto 2014 - Premio Chiara
Anche quest'anno,
tra il 23 settembre e il 22 novembre,
si terrà il Premio Chiara (il festival del racconto)
Ho in programma di partecipare a ben quattro eventi: Piero Dorfles (che ho già incontrato un paio di settimane fa al Festivaletteratura di Mantova CLICK! ), Violetta Bellocchio (che sto leggendo in questi giorni)
Il Seminario di scrittura con Andrea Fazioli
e, per finire, la finalissima "Premio Riccardo Prina"
L'elenco completo degli eventi, lo trovate sul libricino distribuito presso la libreria del corso, feltrinelli e iat , zamberletti e sul sito www.festivaldelracconto.it
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domenica 14 settembre 2014
Poesie per Tina Modotti
Eccomi! A pagina 13 della rivista "NOVA".
Le scrissi a Maggio, per WSF (click! QUI) e ora sono state pubblicate su questa rivista.
Tra le altre, non è stata selezionata "VIRGINIA" (credo per mancanza di spazio). La copio incollo, qui sotto.
VIRGINIA
(dedicata a Paola e alla piccola Virginia)
“La sua bocca succhiava ancora
da lei il latte materno
e il suo corpo si sentiva esausto
prosciugato da ogni forza.
E poi la guardava
con gli occhioni sorridenti nella notte
la manina le strizzava il seno
come a voler fare un po’ da sé.”
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domenica 7 settembre 2014
RISCRIVERE LA VITA DI UNA SCRITTRICE FAMOSA e MICROCOSMI AMERICANI
(i "miei" due eventi, al Festivaletteratura di Mantova)
Ieri è stata la mia seconda volta al Festivaletteratura. La scorsa volta c'ero stata nel 2007 - e l'ho ampiamente raccontato qui CLICK! - e avevo avuto la fortuna di conoscere Chuck Palahniuk.
Questa volta, anzichè un solo scrittore, ho assistito a due eventi e "conosciuto" ben quattro scrittrici, che ignoravo.
Riscrivere la vita di una scrittrice famosa
è stato il mio evento pomeridiano. M'incuriosiva il fatto che tre donne potessero aver scritto di altrettante donne.
L'evento 167 si è svolto nel Cortile dell'Archivio di stato. è stato un po' difficoltoso per me raggiungerlo. Sette anni fa mi ero "spappolata" le articolazioni sui ciotolati che ci sono nel centro storico di Mantova. Questa volta ero in carrozzina a rotelle. Non sembra (oppure nessuno ci pensa, nemmeno io 10 anni fa ci pensavo) ma una persona da sola, non può spingersi su quel tipo di pavimentazione. O per lo meno, non se ha una patologia tipo la mia. Comunque.
Dopo l'entrata di sassolini, c'era il prato e poi, per terra, un bel quadrato di legno chiaro, liscio, scorrevole. Sono arrivata puntuale, ho sollevato le natiche, mi sono fatta quattro passi avanti e indietro per sgranchire le gambe e nel contempo lo spazio sotto il tendone si è riempito.
Le quattro signore dietro la cattedra mi hanno intenerita. Tutte con i capelli sui toni del griio, tutte eleganti, tutte molto femminili.
La filosofa Annarosa Buttarelli le ha presentate: Sandra Petrignani, che ha scritto un romanzo (non una biografia! Perchè molte parti sono di invenzione, di fantasia) su Marguerite Duras; Anita Raja, traduttrice italiana della tedesca Christa Wolf; Liliana Rampello, che ha scritto un saggio su sei romanzi perfetti di Jane Austen.
Sandra Petrignani racconta Marguerite Duras
Sandra Petrignani ha detto di avere qualcosa in comune con la Duras (si pronuncia Duras, con la S finale. Ma le signore nella fila dietro la mia, probabilmente lo ignoravano, perchè prima che lei lo sottolineasse, ogni volta che lo pronunciava, squittivano come ragazzine delle medie). Il fatto che la scrittrice abbia sentito il rifiuto da parte della madre. Una madre tanto amorevole coi fratelli maschi, ma altrettando in contrasto con lei. Ha raccontato un'immagine: la bambina abbracciata come un koala alla madre e la madre indaffarata che, per staccarla da sè, l'allontana tirandola per la treccia. La Duras ci viene mostrata come un'ubriacona, una viaggiatrice, attivista politica, promiscua.Una donna, a mio parere, molto forte e combattiva. Che vive in modo estremamente passionale.
è stato detto che scriveva in modo innovativo, con frasi molto frammentate.
Quando è stato chiesto a sandra Petrignani se c'è qualche scrittrice italiana che le somigli, lei ha detto che (forse) c'erano fine anni 70/inizio 80, ma oggi, l'unico è Erri De Luca.
Della Duras probabilmente leggerò "l'amante". Il suo libro meno perfetto, ma che l'ha presentata al mondo come realmente era.
Anita Raja racconta Christa Wolf
di cui è attenta traduttrice. Ha spiegato la sua scrittura come se fosse una sorta di cipolla, in cui l'autrice utilizza parole applicando un lavoro certosino di ricerca.
Tradurla è stato faticoso, ma molto gratificate. Ha fatto capire ad Anita quanto l'italiano sia limitato, rispetto a una lingua come il tedesco. (*)
Liliana Rampello e il suo saggio su Jane Austen
Lilana è stata quella che ho preferito tra le tre scrittrici. Non ne conoscevo nessuna, ma la sua presentazione mi è stata quella che mi ha maggiormente colpita.La scrittrice oggetto del suo saggio è Jane Austen (autrice che ho letto). Di lei ha raccontato che, a differenza della Duras, non sappiamo quasi nulla. Se non quello che racconta nei suoi romanzi.
I suoi romanzi sono la vita che ha vissuto. Il rapporto con la sorella, infatti in ogni suo romanzo c'è una sorella. Che ha una caratteristica di sua sorella. Gli amori, nei suoi romanzi la donna tende sempre a un amore, a un matrimonio. La consapevolezza dell'importanza del matrimonio in quanto possibilità di fare una vita agiata, come se fosse una sorta di contratto da cui derivano dei soldi.
In ogni suo romanzo, oltre ai tre elementi citati, c'è sempre anche un elemento fantastico: il bel principe che salva la ragazza, in sella al suo cavallo. L'ultimo elemento (che ricordo*) presente in tutti i suoi romanzi è la passeggiata chiarificatrice, che la protagonista del romanzo fa sempre in compagnia di un'altra donna.
Liliana Rampello ha anche detto che Jane Austen era molto riservata e che ha raccontato anche l'amore in modo piuttosto pudico, come anche, in uno dei suoi romanzi, le sorelle non hanno il coraggio di chiedersi se sono fidanzate.
Ha aggiunto però che, il suo mostrare la sessualità in modo così delicato è assai più seducente dei vari libri sulle sfumatore (e qui ha avuto una standing ovation).
Alla fine dei tre interventi, alle scrittrici sono state rivolte delle domande. A Liliana Rampello si è rivolta anche Ginevra Bompiani (seduta due file avanti a me), figlia dell'editore Bompiani e ideatrice della casa editrice Nottetempo.
(*chiedo scusa per non ricordare altro, ma ieri non ho preso appunti)
Uscendo dal cortile le ruote della mia carrozzina si sono un attimo "infossate" tra i sassi. Un ragazzo molto carino, coi capelli un po' mossi, gli occhiali da vista e la borsa tracolla si è alzato per dare una mano a mio padre.
Mio padre però, dopo la vacanza fatta l'anno scorso, è diventato un esperto. Mi trascina all'indietro e riusciamo a superare quei piccoli/ grandi ostacoli.
Devo dire che questo evento è durato più di quanto mi aspettassi. è terminato alle diciannove e io, a pranzo, mi ero bevuta due litri d'acqua, oltre a un bicchiere di prosecco, per accompagnare il piatto di affettati.
Inutile dire che è stato un casino trovare un bagno che non avesse scalini.
Non l'ho trovato. Per fortuna peso quarantotto chili, mio padre è atletico, me li sono fatta in braccio.
Recuperato la macchina in zona ZTL, abbiamo impiegato quasi venti minuti a raggiungere la zona in cui c'è Palazzo San Sebastiano.
Cenato "di fretta" (io sono lentissima a mangiare!), escludendo i ravioli alla zucca che ci consigliava lo chef "per fare in fretta, sono già lì" - ma anche no grazie. I miei li han già mangiati a mezzogiorno.
Io ero cotta. Stanca stanca stanca. Il viaggio Varese Mantova. L'avanti e indietro per il centro storico. La giornata calda.
Ho impiegato un sacco di tempo anche solo per bermi un altro prosecco.
Ah: anche in questo ristorante tre bei gradini alti per accedere all'interno. E qui nemmeno avevano il bagno disabili. fa nulla, mia madre è entrata con me.
Microcosmi americani: Piero Dorfles introduce Elisabeth Strout
Eccolo l'evento che più desideravo. Il 189, quello con Piero Dorfles.Sembrerò una ragazzina (ho 34 anni) ma non mi vergogno a dire che io ADORO QUELL'UOMO. è preparatissimo, racconta i libri con estrema capacità di sintesi, ma altrettanta completezza.
E poi la sua mimica facciale. Mi fa morire! (vale mooolto più delle 5euro del biglietto d'ingresso).
Da un suo sguardo, da un suo sopracciglio puoi capire molto più che da mille frasi.
Io ero in quarta fila, laterale, maledetta colonna del San Sebastiano, che mi copriva un po' la visuale. Almeno ero seduta.
Quando lui è entrato, con Elisabeth Strout, c'è stato un applauso lunghissimo.
Io lei non la conoscevo, io sorridevo ebete, applaudivo lui. Wow! Eccolo qui!
Dalla mia postazione lo vedevo benissimo, vedevo il traduttore, sentivo la voce della Strout.
Ha una voce giovanissima. Molto bella. Parla veloce veloce, e io, facevo abbastanza fatica a starle dietro.
Lei è "una delle scrittrici più profonde e raffinate della scena letteraria americana contemporanea". E io sono pseudo scrittrice/pseudo poetessa/capra ignorante che non la conosceva.
Dorfles ha raccontato molto bene (e lo ringrazio!) i suoi quattro romanzi, innescando nel pubblico presente (o almeno, in me) la voglia assoluta di leggerla.
L'autrice ha scritto solo quattro romanzi, perchè ogni volta si documenta molto.
In particolare, per il suo romanzo in cui parla della condizione Senegalese ha fatto sette anni di ricerca. Sette anni in cui si è documentata, ma le sono anche state aperte le porte da persone senegalesi che, per la prima volta in america, hanno avuto un ruolo principale.
Non voglio accennare ai quattro romanzi, a cosa raccontino.
Voglio solo ricordare il suo tono di voce divertito e divertente. Una voce limpida, leggera.
Le sono state poste moltissime domande del tipo: c'è lei nei suoi personaggi?/ No, magari c'è qualcosa di me, ma non ci sono io. Se i personaggi vivono mai di vita propria/ no no, li tengo bene sotto controllo. In un'intervista ho letto (bla bla bla) non può trovarsi qualcuno che le faccia i mestieri? Così lei non scrive un libro ogni 5/6 anni?/ (educata) ha riso. Ha detto che il suo problema non sono mai stati i mestieri, che anzi! Ora ne fa ancora di meno, rispetto a un tempo.
Una signora l'ha ringraziata per i dettagli che mette in ogni donna. Come i vestiti, o le scarpe rosse.
è stata paragonata, come bravura, ad Alice Munro - premio Nobel per la letteratura 2013 - e, qualcun'altro ha detto che la sua scrittura sta tra la prosa e la poesia.
Elisabeth Strout ha iniziato a scrivere a cinque anni, grazie alla madre che la spronava a scrivere ogni giorno, di qualsiasi cosa.
Quando le hanno chiesto come scrive. Se va in ordine, fa una scaletta, c'è un inizio, una fine lei ha detto che è molto caotica. Appunta frasi, scene, (una volta la frase finale, di un romanzo), immagini interessanti che potrebbero esserle utili. E poi, quando scrive, a quel caos iniziale si aggiunge altro caos.
Ma io credo che dal caos possano nascere le cose migliori. O lei non avrebbe vinto il Pulitzer (2008), il Bancarella (2010) e il Mondello (2012).
Chapeau.
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