martedì 19 aprile 2011

THE SUBLIME IS NOW

Dal 26 Marzo 2011 al 3 Aprile ad Arsago Seprio (Varese) c'è stata l'antologica di Giovanni Oteri. Un artista, un pittore, che ho conosciuto l'estate scorsa.

Riporto qui sotto l'articolo estratto da ARTEVARESE (se cliccate, vedete il video dell'intervista) e, più in basso, la biografia che ho scritto per Giovanni e che è stata inserita nel suo libro (pagg 17-20). Buona lettura!


01-04-2011

Oteri, i miraggi e l'oasi dell'arte

Atmosfere caliginose e misteriose, Muse ispiratrici e foriere di incubi e di sogni meravigliosi: la straordinaria acribia pittorica di Giovanni Oteri si ammira ad Arsago Seprio. Ecco l'intervista rilasciata ai nostri microfoni. / VIDEO

Arsago Seprio:
Le opere di Oteri in mostra ad Arsago SeprioLe opere di Oteri in mostra ad Arsago Seprio
Il sublime è quì, ora. Ultimi giorni per poter visitare la mostra antologica "The sublime is now", aperta nella Sala Polivalente del Centro Culturale Concordia di Arsago Seprio fino a domenica 3 aprile.
Le atmosfere rarefatte e funeste di De Chirico e di Salvador Dalì, i colori patibolari che variano dall'indaco al blu e i rimandi alla classicità più solare e mediterranea.
Si gioca tra questi contrasti malinconici e tenebrosi, l'arte di Giovanni Oteri, riconoscibile al primo sguardo dalla strabiliante tecnica pittorica. E dalle tenebre, intanto, emergono un barlume di luce celeste e una finestra di speranza.

Nelle opere esposte ad Arsago, il corpo umano è indagato fin nelle più organiche intimità; ogni oggetto si fa carne, ossa, simbolo e all'orizzonte spunta il cubo perfetto della moschea.
Nei suoi dipinti si amalgamano miraggi e chimere, sentimenti di oggi e volti di uomini e donne realmente incontrati, conosciuti, amati: i simboli della Magna Grecia, sua terra nativa (è nato a Reggio Calabria nel 1946), la Roma degli anni della gioventù, gli elicotteri dell'Agusta, dove lavora per 30 anni, i paesaggi mediterranei della Libia. Come un novello manierista, come Giulio Romano o Pontormo, anche Giovanni Oteri guarda ai grandi della pittura Rinascimentale. Nella breve intervista dichiara: "Amo e credo nell'Uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Dunque, credo in Dio. Non nelle istituzioni ecclesiastiche. Dopo aver attraversato ampie zone di tenebra, ora vedo degli spiragli di luce".

Clara Castaldo





GIOVANNI OTERI: L’UOMO, L’ARTISTA
(“Io so' io, e vvoi nun zete un cazzo” citaz. Gioacchino Belli - Li soprani der monno vecchio)

 

Sono dell’idea che artista ci nasci. E Giovanni Oteri nacque pittore. Egli inizia a disegnare da bambino e la prima volta che dà dimostrazione delle sue abilità, è in terza elementare e la maestra lo accusa di essersi fatto fare il disegno dai genitori. La sua mente bambina aveva già ipotizzato questo pensiero, e Giovanni aveva portato a scuola dei gessetti colorati, coi quali riproduce lo stesso disegno alla lavagna. Sul volto della maestra appare un’aria stupefatta e quella lavagna rimane per quattro anni in esposizione nella presidenza della scuola.
Giovanni, pur avendo una chiara visione della sua vocazione, anziché fare degli studi artistici, per imposizione del padre, farà degli studi tecnici (perito elettromeccanico).
Giovanni disegna. E passeggia per le strade con la sua cartelletta colma di disegni da vendere. A mille lire, a tremila, quando va benissimo a cinque mila lire. Ogni estate ha la fortuna di essere ospitato a Roma da una zia e, diciottenne (tra il ’68 e il ’69) a Piazza del Popolo fa un incontro importantissimo: quello con De Chirico. Quest’ultimo, visionando i suoi disegni, rimane colpito dal suo tratto e gli propone di assistere a delle lezioni di pittura. Non deve fare domande. Non deve fare nulla. Solo guardare. L’unica regola che De Chirico gli impone è la puntualità: deve essere in studio ogni mattina alle otto e mezza. E la mattina in cui Giovanni arriva nello Studio del maestro alle otto e trentacinque, lo rispedisce a casa, senza ascoltare scuse.
L’incontro con De Chirico gli fa capire l’importanza delle regole. Perché l’arte è una cosa seria. Come lo sarà ogni lavoro che Giovanni deciderà di intraprendere.
A causa del suo carattere ribelle, per due anni a Oteri verranno respinte le sue richieste d’iscrizione in tutte le scuole d’Italia, e si diplomerà a ventun’anni.
Giovanni fa delle mostre, dipinge e nel 1970 ha l’opportunità di fare la sua prima personale a Biella, dove abita il fratello. La pro-loco gli mette a disposizione un locale, e in quella occasione incontra Mario Franchini, giornalista del Corriere della Sera che scriverà su di lui un articolo intitolato “Il pittore che realizza i sogni”.
Lascia Reggio Calabria, la terra in cui Giovanni è nato e, a sette anni, ha rischiato di subire un abuso sessuale da parte di un arciprete (è del 2002 “L’idolo” – Al centro del quadro c’è una figura mezzo uomo/mezza donna con un cappello da prete. Sulla sinistra persone che gridano di paura, persone che vengono zittite. Sullo sfondo un’architettura del passato. Sulla destra delle bocche con lingue assetate di sesso. E sotto tutto la bestia che guarda, senza agire.) Ma è anche la terra in cui ha avuto la sua prima esperienza sessuale, a diciassette anni, con una prostituta, che gli insegna tutto sul sesso. La figura femminile è molto presente nei suoi quadri (sono degli esempi: 2002 “Nudo di schiena”, 2010 “Guardami, comprami” – la donna come oggetto del desiderio che può essere comprato, come fosse una bottiglietta di Coca Cola, 2010 “Modella nello studio” – la visione personale di un’amica morta, il bellissimo corpo sensuale abbandonato al letto di morte) perché Giovanni ama molte donne e, a seguito di una lancinante delusione avuta a ventun’anni, decide di amare molte donne senz’amore.
Si trasferisce a Roma. Per un paio di mesi è ospite di Novella Parigini e, in quel periodo, conosce Anna Salvatore, moglie di Pasquale Campanile e Mario Schifano. In Francia, invece, conosce l’artista Mario Tozzi. Incontrerà anche l’attrice irlandese Barbara che lo mantiene, durante i mesi della loro relazione (nel 2010 farà un quadro “Roma, ricordi” in cui ci sono molte donne, molte lingue e molte bocche che desiderano deliziare il loro desiderio e c’è un fiore arancione, che rappresenta l’attrice)
Giovanni trova poi un impiego a Senago, nell’area milanese. Presso la INDOSIT, ditta di dosatori per liquori. È un periodo florido, per quanto riguarda gli introiti economici.
Quando conosce Natalia, sua moglie, sua musa, se ne innamora perdutamente. Giovanni è un uomo che ha avuto e ha molte donne. Ma Natalia ha qualcosa che le altre non hanno:  ha l’intelligenza per capire il personaggio Oteri e mantenere unita la famiglia. È la più bella, la più dolce, la più saggia, la più comprensiva donna che Giovanni abbia conosciuto. È una donna affascinante, ma una donna che non ha pretese. Una brava confidente che sa aspettare i tempi giusti per il dialogo. Se Giovanni si paragona a un nocchiero che guida una barca a vela, la vera forza motrice che comanda è Natalia, l’amore stupendo della sua vita.
Giovanni Oteri lavora sette anni per questa azienda, finché i soci dichiarano fallimento e operai e capi si trovano faccia a faccia in tribunale. Giovanni è uno dal cuore grande, uno che sa quello che vuole. Rifiuta soldi sottobanco, e si schiera dalla parte degli operai. Perdono. E un Giovanni fuori di senno dà uno schiaffo all’avvocato di CGL che li ha venduti. C’è il rischio di andare in galera, ma grazie al Magistrato di Cosenza che ha compreso il dramma, non viene arrestato.
Giovanni per sei mesi si trova disoccupato e con due figli piccoli.
L’arte è una cosa seria, ma l’artista con famiglia non può vivere d’arte. Deve per forza avere un’altra occupazione. Viene assunto come scaricatore per la DEL GROSSI, un’industria alimentare. Deve trasportare sacchi da cinquanta chili di farina, ma non avendo più la forza di una volta, insorgono due discopatie. Avviene un dramma nel dramma. Perché l’uomo, oltre alla situazione fisica cagionevole, ha due figli e un affitto da pagare. In quel periodo Oteri conosce l’affetto delle persone che lo aiutano, la farmacista che gli fa credito per gli omogeneizzati e gli altri prodotti da acquistare per i figli piccoli. Giovanni sarà grato per sempre, a chi gli è stato vicino in quel dannato periodo, ma d’altra parte è convinto che tutto l’amore gli torni, come una sorta di boomerang, per l’amore incondizionato che lui ha dato in passato.
Successivamente viene assunto dalla SIAI MARCHETTI, un’industria aeronautica, nella veste di redattore tecnico grafico. Lo stipendio non è un granché e per vivere dipinge, su commissione, quasi quaranta fiamminghi, firmandoli con uno pseudonimo, perché crede nell’uomo e in quello che sa fare ed è sicuro che riuscirà ad uscire vittorioso da questo periodo.
Nel ’78, quando i figli hanno tre e cinque anni, ha la possibilità di andare, per lavoro, in Libya e trascorrere lì due anni, prima di portare con sé anche la famiglia. Dopo tre anni, a causa dell’embargo, la famiglia torna a casa, ma lui attratto dalla proposta commerciale si allontana di nuovo.
Trascorre sette anni in Libia, dal ’79 al ‘86, (è del 1984 “Solitudine (Tripoli – Libya)” raffigura due barche sole nel mare, la più grande rappresenta Giovanni, l’altra Natalia) e presso l’accademia militare di Sebha conosce Gheddafi.
È nel ’86 che gli viene proposto un contratto da quindicimilioni al mese. Un’offerta che ha dell’incredibile! Ma è in quel periodo che Regan bombarda Tripoli e Giovanni ritorna in patria.
Trova occupazione in Agusta, ma quando sente la cifra proposta (un inerzia rispetto ai cinquemilioni mensili che guadagnava in Libia) pensa di tornare in quella terra disastrata: è la  famiglia lo trattiene.
Coi soldi guadagnati in Libya, Oteri compera l’appartamento per sé e per la sua famiglia, e in Agusta occuperà la posizione di Responsabile Centro Stampa Pubblicazioni Tecniche.
Nel frattempo continua a fare delle mostre. Ma è sempre lui che bussa alle porte degli altri.
Attraverso i sogni vede quello che succede e come deve realizzarlo (1978 “Studio per la parabola del sogno” – un disegno preparatorio. Attraverso i sogni vede l’immagine della donna, le due maschere, le tre grazie. È un periodo non positivo della sua vita, quasi allucinatorio).
Nel 2007 Giovanni va in pensione. È proprio in quell’anno che un gallerista italo-americano Tano Mallamaci gli propone di restare ospite da lui a New York per due mesi, tutto spesato. Giovanni Oteri era già stato in America, con Art Expò, nel 1999, ma questa è la prima occasione che ha di poter fare qualcosa da solo.
Finalmente libero da ogni impegno e da ogni costrizione lavorativa, pianifica un viaggio da fare a Natale, con la famiglia, nella maestosa New York.
Una sera, guardando la tv, si accorge di vedere un puntino nero. Fisso. Dapprincipio non ci fa molto caso, dà colpa alla stanchezza. Ma quando si accorge che il puntino è sempre presente, decide di fare delle analisi e con un’ecografia vengono trovate due grandi masse nei reni. Due tumori, uno del diametro di tredici centimetri a sinistra e uno di sei a destra. Dopo l’esame istologico, a Giovanni vengono dati sei mesi di vita. Viene operato il ventisette dicembre ’07 e gli vengono asportati cinque pezzi.
Da sempre crede nell’uomo, fatto a somiglianza di Dio. Non crede a chi gli dà sei mesi di vita. Non crede agli indovini. Mette sé stesso davanti a tutti e dice “l’indovino sono io”.
Segue un secondo ricovero, il 4 Aprile 2008, in cui affronta cinque traumatiche ore di dialisi. In quelle ore si susseguono visioni. Mentre il suo sangue viene purificato, ha una sensazione spaventosa, ma allo stesso tempo stupenda. Vede il suo corpo morto disteso su un letto e la sua anima che sale (2010 “Sospensione nel tempo e nello spazio” – l’uomo che si stacca dal corpo, e inizia a volare, 2010 “Lievitazione”). Si sente leggiadro, sereno, libero di volare tra le nuvole. Una nuvola più grande si apre e Giovanni vede un prato immenso di un verde fresco, profumato. Un ambiente in cui incontra gli affetti del passato, il fratello perso nel 2001, i genitori, gli amici, i parenti. E una gioia grande gli riempie il cuore. Alla fine del prato c’è un imponente cancello. Lì trova una sorta di guardiano dalla figura immensa e sfuocata che si limita a dirgli “Torna indietro! Non è il tuo tempo” (2009 “Il buio e poi la luce” – un trittico molto suggestivo, ansiogeno in cui si percepisce la sofferenza e il ritorno alla vita) .
L’uomo ritorna combattivo sulla Terra. La sua testa vuole lottare. Il suo fisico non lo regge in piedi. Utilizza un bastone e soffre di forti dolori alla schiena dovuti alla discopatia. La morfina lentamente lo aiuta a rinascere e lascia l’ospedale che è sessantasette chili, contro gli ottantaquattro di prima. È un periodo durissimo per Oteri. Anche Natalia, da sempre legata al marito, perde molti chili. L’amore per il marito fa stare lei, quasi nella stessa situazione in cui si sente Giovanni.
Fatica Giovanni. Ma il suo credere nella reincarnazione e nel fatto che sta espiando le colpe di un altro, lo aiuta a combattere e a riacquistare peso.
Ora Oteri ha una forza nuova. Una creatività incredibile. Uno spirito guida gli è accanto, in ogni momento della giornata. Non ha sconfitto il cancro, ma ci convive. I suoi quadri passano dai colori molto forti, come un rosso simbolo di dolore, amore, passione (ne sono degli esempi: 1991-1993 “Studio per la confessione”, 1994 “Disperazione”, 1995 “La modella”, 1996 “Degrado urbano”, 1999 “La chiamata”, 1999 “Passato e presente”) ai dipinti nati dal suo viaggio astrale/cosmico, in cui si tuffa nella terra, nella sua amata Calabria, e utilizza colori più tenui, sul viola, indaco (2009 “Spaccatura: Nord/Sud”,  “Contadino”, “Primavera”, “Jimenez III”, 2010 “La mia terra”, “Roma”, “Passato remoto”, “Le origini II”, “La grande madre”). Colori che, gli induisti, dicono si vedano prima di vedere il bianco della luce accecante.
Dopo la malattia (2010 “Venerdì santo” – una rappresentazione del Cristo, per non dimenticare mai quello che gli è accaduto), dopo il suo libro “Volare senza ali”, del 2009, sono gli altri a cercarlo, non è più lui che bussa.
Quello che vive adesso nel 2010/2011 è un periodo stupendo. Un periodo in cui dare amore lo riempie più che riceverlo. Seduti sul divanetto blu del suo nuovo studio, un sogno realizzato dopo dieci anni, mi dice “con l’amore puoi realizzare quello che desideri, e sei sereno”.
Ora che il Sindaco, di Arsago, dove abita dal 1978, gli ha proposto di fare un’antologica, si sente molto fiero, di sé e del percorso che ha costruito in tutti questi anni.
Giovanni Oteri crede in sé stesso. Nella sua forza. Nella sua volontà. In ciò che realizza.
Dai sessant’anni ha capito di essere lui l’attore e, ricordando l’incontro del 1996 con Renzo Vespignani (per lui è l’omaggio del 2009 “Grazie Renzo” – le due figure in secondo piano sono copiate da “I ragazzi di vita” opera del Vespignani, e la figura in mezzo, la modella Natasha è opera dell’Oteri,), considerato Il Maestro, la guida a ciò che ha realizzato, stimandolo sia come uomo, che come artista, si sente orgoglioso di dire, a chi non lo segue “io sono io, voi non siete un cazzo”.

(Ilaria, 29 Gennaio 2011 – 6 Febbraio 2011, per Giovanni Oteri)

2 commenti:

iannozzi giuseppe ha detto...

Molti artisti non vengono riconosciuti subito dai loro contemporanei per la loro vera statura artistica; è purtroppo un destino comune a molti, ieri come oggi. Tuttavia io credo che l'Arte quando è tale riesce sempre a emergere e ad affermarsi perché artisti si nasce, come hai bene evidenziato. Gli pseudo-artisti sono altra cosa e il tempo, per nostra fortuna, li cancella presto non lasciando alcuna loro traccia ai posteri. Chi fa Arte e la fa con la "A" maiuscola in cuor suo sa che verrà maggiormente compreso dai posteri, da coloro che un giorno ammirerano le sue opere e le diranno grandi.

Lila Ria ha detto...

spero che "da grande" accadda anche a me ;-)