domenica 28 settembre 2014

Piero Dorfles al Premio Chiara

è stato un week end piuttosto intenso questo, per me. No, non ho fatto le 4 di notte a chissà che festa, sono stata a Varese, Villa Recalcati, in Piazza Libertà, per due appuntamenti diversi.
La Villa è bellissima. Quando l'ho vista sul pieghevole, mi sono subito allarmata. Si può parcheggiare nei dintorni, ma poi c'è tutto il vialetto di ciotoli: vedete?


E io ho delle articolazioni orrende, che si snodano a ogni minimo ostacolo. Sono stata colta (stranamente) da un'ondata d'ansia "oddio come faccio ad andare lì? E mi devo fare tutto il tragitto in carrozzina? E se poi...".

- sì, lo so. Parlo sempre delle mie difficoltà "fisiche". Però dieci anni fa non le avevo. Non in questa misura, intendo. E mica ci pensavo io a queste cose.
Adesso invece ogni cosa che devo fare, penso: ce la faccio? Ci arrivo? Come posso fare? Chi mi aiuta?
Mi serve a esorcizzare: più lo scrivo, lo sbatto in faccia agli altri, meno mi pesa sopportarlo.
Comunque io credo nella medicina: troveranno la cura, mi sistemeranno e non solo non avrò più menate con ciotolati, terreni sconnessi, scale, ma andrò anche a farmi una corsetta prima di iniziare la mattinata lavorativa. Torniamo alle due giornate di Festival, scusate -

E invece, nonostante tutto, ce l'ho fatta. Ho rispettato entrambi gli appuntamenti che mi ero prefissata.

Venerdì 26 Settembre, h. 21:00

Ero cottissima, lo ammetto. Ma tale era la voglia di rivedere Piero Dorfles, che già avevo visto al Festival Letteratura di Mantova (click!), che mi sono recata nel luogo prefissato.
Arrivata a Villa Recalcati, Serena, che mi ha individuata (essendo seduta su una carrozzina) mi ha condotta nella postazione che avevo chiesto di riservarmi: terza fila, esterno sinistro, che posso distendere il ginocchio che mi fa male.
Intorno alle 21 Dorfles è arrivato. L'applauso per lui non è stato calorosissimo. Ma questo, forse, è perchè "noi al nord esterniamo un po' meno i nostri sentimenti".
Lo ha introdotto, molto bene, il professor Roberto Carnero e quindi, lui, ha parlato del suo "I cento libri che rendono più ricca la nostra vita". Ha voluto sottolineare che non è la lista dei suoi libri preferiti, sono i libri che, secondo lui, se conosciuti, possono non farci trovare impreparati tra amici, nelle conversazioni, meno estranei al mondo.
Io, purtroppo, non leggo molto. Leggerò dieci libri all'anno, forse. E non leggo (quasi) mai quelli della mia lista dei desideri. C'è sempre qualche libro che sbuca dal nulla (esempio, di recente "Il corpo non dimentica" di Violetta Bellocchio, di cui parlo qui - click! ) e gli altri, i "classici", passano poi in secondo piano.
Dorfles ha parlato dell'importanza di far amare la lettura, delle biblioteche che dovrebbero esistere ed essere accessibili sempre (e non chiuse a chiave perchè si teme i ragazzi possano rubarne i libri, o, anche se lo facessero, benvenga! vuol dire che è piaciuto), del potere del lettore di abbandonare un libro dopo trenta pagine, se non gli è piaciuto, ma che dovrebbe spiegare perchè non gli è piaciuto.
Ha anche detto che i cento libri suggeriti non dovono necessaramente far parte del nostro vissuto (mi ha fatto morire una frase, lui non l'ha letta, ma la cito io, perchè ne sono personalmente coinvolta - ho abbandonato mesi fa "Il maestro e Margherita", ma solo perchè l'avevo preso in prestito in biblioteca! Poi l'ho acquistato, poi... ora che potrei leggerlo sempre, è lì che mi aspetta, comunque - a P. 13 del suo libro dice "Se no, beati voi: avete ancora da godere si una delle più straordinarie creazioni letterarie che l'uomo sia mai stato capace di inventare". Quindi, io rientro tra i beati voi.
Mi ha fatto piacere che esemplificando una frase che potrebbe essere detta in ufficio "oggi mi sento uno scarafaggio", abbia preso in considerazione uno dei libri che più abbia amato da ragazzina ("La metamorfosi" di Kafka). In questo modo non mi sono sentita un'ignorante completa.
Ah! Quando mi sono avvicinata alla sua scrivania, per farmi fare l'autografo, ho estratto dalla mia baguette nera il report scritto dopo Mantova. Gli ho detto "Dorfles ho un regalo per lei!"
"Ah sì?". Poi ho appoggiato la borsetta al suo ripiano, ho estratto il foglio presentato a fisarmonica, glielo ho porto "Lo leggo dopo". "Grazie!"
Ma ci credo poco, che lo faccia.


domenica 21 settembre 2014

il festival del racconto 2014 - Premio Chiara


Anche quest'anno,
tra il 23 settembre e il 22 novembre,
si terrà il Premio Chiara (il festival del racconto)



Ho in programma di partecipare a ben quattro eventi: Piero Dorfles (che ho già incontrato un paio di settimane fa al Festivaletteratura di Mantova CLICK! ), Violetta Bellocchio (che sto leggendo in questi giorni)


Il Seminario di scrittura con Andrea Fazioli


e, per finire, la finalissima "Premio Riccardo Prina"


L'elenco completo degli eventi, lo trovate sul libricino distribuito presso la libreria del corso, feltrinelli e iat , zamberletti e sul sito www.festivaldelracconto.it

domenica 14 settembre 2014

Poesie per Tina Modotti


Eccomi! A pagina 13 della rivista "NOVA".



Le scrissi a Maggio, per WSF (click! QUI) e ora sono state pubblicate su questa rivista.

Tra le altre, non è stata selezionata "VIRGINIA" (credo per mancanza di spazio). La copio incollo, qui sotto.


piccola

VIRGINIA

(dedicata a Paola e alla piccola Virginia)

“La sua bocca succhiava ancora
da lei il latte materno
e il suo corpo si sentiva esausto
prosciugato da ogni forza.
E poi la guardava
con gli occhioni sorridenti nella notte
la manina le strizzava il seno
come a voler fare un po’ da sé.”


domenica 7 settembre 2014

RISCRIVERE LA VITA DI UNA SCRITTRICE FAMOSA e MICROCOSMI AMERICANI

(i "miei" due eventi, al Festivaletteratura di Mantova)

 

Ieri è stata la mia seconda volta al Festivaletteratura. La scorsa volta c'ero stata nel 2007 - e l'ho ampiamente raccontato qui CLICK! - e avevo avuto la fortuna di conoscere Chuck Palahniuk.
Questa volta, anzichè un solo scrittore, ho assistito a due eventi e "conosciuto" ben quattro scrittrici, che ignoravo.



Riscrivere la vita di una scrittrice famosa


è stato il mio evento pomeridiano. M'incuriosiva il fatto che tre donne potessero aver scritto di altrettante donne.
L'evento 167 si è svolto nel Cortile dell'Archivio di stato. è stato un po' difficoltoso per me raggiungerlo. Sette anni fa mi ero "spappolata" le articolazioni sui ciotolati che ci sono nel centro storico di Mantova. Questa volta ero in carrozzina a rotelle. Non sembra (oppure nessuno ci pensa, nemmeno io 10 anni fa ci pensavo) ma una persona da sola, non può spingersi su quel tipo di pavimentazione. O per lo meno, non se ha una patologia tipo la mia. Comunque.
Dopo l'entrata di sassolini, c'era il prato e poi, per terra, un bel quadrato di legno chiaro, liscio, scorrevole. Sono arrivata puntuale, ho sollevato le natiche, mi sono fatta quattro passi avanti e indietro per sgranchire le gambe e nel contempo lo spazio sotto il tendone si è riempito.
Le quattro signore dietro la cattedra mi hanno intenerita. Tutte con i capelli sui toni del griio, tutte eleganti, tutte molto femminili.
La filosofa Annarosa Buttarelli le ha presentate: Sandra Petrignani, che ha scritto un romanzo (non una biografia! Perchè molte parti sono di invenzione, di fantasia) su Marguerite Duras; Anita Raja, traduttrice italiana della tedesca Christa Wolf; Liliana Rampello, che ha scritto un saggio su sei romanzi perfetti di Jane Austen.

Sandra Petrignani racconta Marguerite Duras

Sandra Petrignani ha detto di avere qualcosa in comune con la Duras (si pronuncia Duras, con la S finale. Ma le signore nella fila dietro la mia, probabilmente lo ignoravano, perchè prima che lei lo sottolineasse, ogni volta che lo pronunciava, squittivano come ragazzine delle medie). Il fatto che la scrittrice abbia sentito il rifiuto da parte della madre. Una madre tanto amorevole coi fratelli maschi, ma altrettando in contrasto con lei. Ha raccontato un'immagine: la bambina abbracciata come un koala alla madre e la madre indaffarata che, per staccarla da sè, l'allontana tirandola per la treccia. La Duras ci viene mostrata come un'ubriacona, una viaggiatrice, attivista politica, promiscua.
Una donna, a mio parere, molto forte e combattiva. Che vive in modo estremamente passionale.
è stato detto che scriveva in modo innovativo, con frasi molto frammentate.
Quando è stato chiesto a sandra Petrignani se c'è qualche scrittrice italiana che le somigli, lei ha detto che (forse) c'erano fine anni 70/inizio 80, ma oggi, l'unico è Erri De Luca.
Della Duras probabilmente leggerò "l'amante". Il suo libro meno perfetto, ma che l'ha presentata al mondo come realmente era.

Anita Raja racconta Christa Wolf


di cui è attenta traduttrice. Ha spiegato la sua scrittura come se fosse una sorta di cipolla, in cui l'autrice utilizza parole applicando un lavoro certosino di ricerca.
Tradurla è stato faticoso, ma molto gratificate. Ha fatto capire ad Anita quanto l'italiano sia limitato, rispetto a una lingua come il tedesco. (*)

Liliana Rampello e il suo saggio su Jane Austen

Lilana è stata quella che ho preferito tra le tre scrittrici. Non ne conoscevo nessuna, ma la sua presentazione mi è stata quella che mi ha maggiormente colpita.
La scrittrice oggetto del suo saggio è Jane Austen (autrice che ho letto). Di lei ha raccontato che, a differenza della Duras, non sappiamo quasi nulla. Se non quello che racconta nei suoi romanzi.
I suoi romanzi sono la vita che ha vissuto. Il rapporto con la sorella, infatti in ogni suo romanzo c'è una sorella. Che ha una caratteristica di sua sorella. Gli amori, nei suoi romanzi la donna tende sempre a un amore, a un matrimonio. La consapevolezza dell'importanza del matrimonio in quanto possibilità di fare una vita agiata, come se fosse una sorta di contratto da cui derivano dei soldi.
In ogni suo romanzo, oltre ai tre elementi citati, c'è sempre anche un elemento fantastico: il bel principe che salva la ragazza, in sella al suo cavallo. L'ultimo elemento (che ricordo*) presente in tutti i suoi romanzi è la passeggiata chiarificatrice, che la protagonista del romanzo fa sempre in compagnia di un'altra donna.
Liliana Rampello ha anche detto che Jane Austen era molto riservata e che ha raccontato anche l'amore in modo piuttosto pudico, come anche, in uno dei suoi romanzi, le sorelle non hanno il coraggio di chiedersi se sono fidanzate.
Ha aggiunto però che, il suo mostrare la sessualità in modo così delicato è assai più seducente dei vari libri sulle sfumatore (e qui ha avuto una standing ovation).

Alla fine dei tre interventi, alle scrittrici sono state rivolte delle domande. A Liliana Rampello si è rivolta anche Ginevra Bompiani (seduta due file avanti a me), figlia dell'editore Bompiani e ideatrice della casa editrice Nottetempo.

 (*chiedo scusa per non ricordare altro, ma ieri non ho preso appunti)

Uscendo dal cortile le ruote della mia carrozzina si sono un attimo "infossate" tra i sassi. Un ragazzo molto carino, coi capelli un po' mossi, gli occhiali da vista e la borsa tracolla si è alzato per dare una mano a mio padre.
Mio padre però, dopo la vacanza fatta l'anno scorso, è diventato un esperto. Mi trascina all'indietro e riusciamo a superare quei piccoli/ grandi ostacoli.

Devo dire che questo evento è durato più di quanto mi aspettassi. è terminato alle diciannove e io, a pranzo, mi ero bevuta due litri d'acqua, oltre a un bicchiere di prosecco, per accompagnare il piatto di affettati.
Inutile dire che è stato un casino trovare un bagno che non avesse scalini.
Non l'ho trovato. Per fortuna peso quarantotto chili, mio padre è atletico, me li sono fatta in braccio.

Recuperato la macchina in zona ZTL, abbiamo impiegato quasi venti minuti a raggiungere la zona in cui c'è Palazzo San Sebastiano.
Cenato "di fretta" (io sono lentissima a mangiare!), escludendo i ravioli alla zucca che ci consigliava lo chef "per fare in fretta, sono già lì" - ma anche no grazie. I miei li han già mangiati a mezzogiorno.
Io ero cotta. Stanca stanca stanca. Il viaggio Varese Mantova. L'avanti e indietro per il centro storico. La giornata calda.
Ho impiegato un sacco di tempo anche solo per bermi un altro prosecco.
Ah: anche in questo ristorante tre bei gradini alti per accedere all'interno. E qui nemmeno avevano il bagno disabili. fa nulla, mia madre è entrata con me.


Microcosmi americani: Piero Dorfles introduce Elisabeth Strout

Eccolo l'evento che più desideravo. Il 189, quello con Piero Dorfles.
Sembrerò una ragazzina (ho 34 anni) ma non mi vergogno a dire che io ADORO QUELL'UOMO. è preparatissimo, racconta i libri con estrema capacità di sintesi, ma altrettanta completezza.
E poi la sua mimica facciale. Mi fa morire! (vale mooolto più delle 5euro del biglietto d'ingresso).


Da un suo sguardo, da un suo sopracciglio puoi capire molto più che da mille frasi.
Io ero in quarta fila, laterale, maledetta colonna del San Sebastiano, che mi copriva un po' la visuale. Almeno ero seduta.
Quando lui è entrato, con Elisabeth Strout, c'è stato un applauso lunghissimo.
Io lei non la conoscevo, io sorridevo ebete, applaudivo lui. Wow! Eccolo qui!
Dalla mia postazione lo vedevo benissimo, vedevo il traduttore, sentivo la voce della Strout.
Ha una voce giovanissima. Molto bella. Parla veloce veloce, e io, facevo abbastanza fatica a starle dietro.
Lei è "una delle scrittrici più profonde e raffinate della scena letteraria americana contemporanea". E io sono pseudo scrittrice/pseudo poetessa/capra ignorante che non la conosceva.
Dorfles ha raccontato molto bene (e lo ringrazio!) i suoi quattro romanzi, innescando nel pubblico presente (o almeno, in me) la voglia assoluta di leggerla.
L'autrice ha scritto solo quattro romanzi, perchè ogni volta si documenta molto.
In particolare, per il suo romanzo in cui parla della condizione Senegalese ha fatto sette anni di ricerca. Sette anni in cui si è documentata, ma le sono anche state aperte le porte da persone senegalesi che, per la prima volta in america, hanno avuto un ruolo principale.
Non voglio accennare ai quattro romanzi, a cosa raccontino.
Voglio solo ricordare il suo tono di voce divertito e divertente. Una voce limpida, leggera.
Le sono state poste moltissime domande del tipo: c'è lei nei suoi personaggi?/ No, magari c'è qualcosa di me, ma non ci sono io. Se i personaggi vivono mai di vita propria/ no no, li tengo bene sotto controllo. In un'intervista ho letto (bla bla bla) non può trovarsi qualcuno che le faccia i mestieri? Così lei non scrive un libro ogni 5/6 anni?/ (educata) ha riso. Ha detto che il suo problema non sono mai stati i mestieri, che anzi! Ora ne fa ancora di meno, rispetto a un tempo.
Una signora l'ha ringraziata per i dettagli che mette in ogni donna. Come i vestiti, o le scarpe rosse.
è stata paragonata, come bravura, ad Alice Munro - premio Nobel per la letteratura 2013 - e, qualcun'altro ha detto che la sua scrittura sta tra la prosa e la poesia.
Elisabeth Strout ha iniziato a scrivere a cinque anni, grazie alla madre che la spronava a scrivere ogni giorno, di qualsiasi cosa.
Quando le hanno chiesto come scrive. Se va in ordine, fa una scaletta, c'è un inizio, una fine lei ha detto che è molto caotica. Appunta frasi, scene, (una volta la frase finale, di un romanzo), immagini interessanti che potrebbero esserle utili. E poi, quando scrive, a quel caos iniziale si aggiunge altro caos.
Ma io credo che dal caos possano nascere le cose migliori. O lei non avrebbe vinto il Pulitzer (2008), il Bancarella (2010) e il Mondello (2012).
Chapeau.

 

sabato 30 agosto 2014

VERSANTE RIPIDO N 8 "VIAGGIO" - poesie INEDITE dalla Croazia 2009, di Ilaria Pamio

E sul numero 8 di Versante Ripido ho fatto il bis! Qui, l'elenco di tutti i pezzi pubblicati (click! )

Qua sotto, il mio contributo.


Dalla Croazia nel 2009, di Ilaria Pamio

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Dalla Croazia nel 2009, di Ilaria Pamio.

   
   
Lettini cocoon
“Lettini cocoon/
e ragazze con scapole alate/
c’è una donna con le ciabatte lilla e il fiocco/
davanti al cambio soldi di Opatia/
che il mercoledì è chiuso/
e ho in tasca solo centottantaeuro/
e il bancomat non funziona.
Sono stati giorni grigi/
e l’avvocato se n’è accorto/
(me l’ha detto oggi a pranzo/
davanti a un toast con una sola fetta di prosciutto/
e lei un’insalata che ha ridotto a metà).
E nuvole a coprire il sole/
e uomini oceanomare ridotti a brandelli/
c’è un micio grigio nell’altro balcone/
vicino alle scalettine all’ingresso/
e a quelle basse della piscina vuota/
e patatine e salame e pan carrè/
e olive e pomodori e il cielo/
m’ha ustionata/finalmente sono in pace
tra poco gli altri ci raggiungono/
per l’aperitivo.”
   
(Opatia – Croazia, CRES, 12 Agosto 2009)
***
Mi annebbi la vista
“Mi annebbi la vista
e rendi lucidi i ricordi
che mi basta essere da sola
e mettere sul fuoco una pentola d’acqua
in un paese straniero
per ricordarmi di te.
E di me.
E di quella volta di due anni fa
in cui stavo scrivendo
un baby romanzo
e tu mi chiamasti
tra le risa mie e delle mie amiche.
E le mie gambe a penzoloni
da un letto
[mi aspettavano per farci una canna. E da allora, non ho più fumato].
Ed era quasi capodanno
ma tu non mi eri dentro come adesso
ed è un casino
perché non ti ho.
Sei in spiaggia con me
sei le mani del ventitreenne
che prende la penna e
scrive/no/disegna
sulla pancia della ragazza
col costume uguale al mio
ma lei è mora
e più in carne di me
e più giovane di me
[ma in quanto a tette, poveraccia, sta messa come me].
E m’ipnotizza la mano di lui
immagino sia la tua
che sfiora la mia pancia
e il tuo essermi dentro
mi strugge
ché qua tu non ci sei.
E c’è una donna con due sacchi aridi
al posto della quarta di tre anni fa
che mi fa pensare
alle tue donne africane
e c’è uno con la pancia
e un cazzo grosso e moscio
e una flemma nel far tutto
che mi domando se
gli si rizzi mai.
E c’è uno straniero che mi guarda
con accanto il suo uomo
e lui si vede che ce l’ha grosso e trionfante
[ed è appena uscito dall’acqua].
E se vuoi
puoi pure ridere ma
è accaduto di nuovo!
Anche stavolta mi si è scotta la pasta
e anche stavolta ho mangiato di merda.
È che tu mi prendi
dalla pelle
come un gancio/o un amo
e mi tiri via dal mare/dalle montagne/dall’acqua che bolle
[e mi sento scema].
Come una di quelle donne antiche
innamorate di uno
che abita mille mondi più lontano
e il fatto è che non sono
innamorata di te.
È una cosa diversa.
Ti sento come se fossi un pezzo
della mia pelle
della mia saliva
e quando ti penso mi rattristo.
E oggi
anche il cielo piange
occhi rossi come labbra
e nessun sorriso.
Come sentirsi molle dentro
E non poter dire a nessuno perché.”
   
(10 Agosto 2009, Medveja -Croazia)
***
Sei con me la mattina 
“Sei con me la mattina
sotto le coperte al risveglio
e la notte
prima che schiuda gli occhi.
Sei nelle mie gambe
che ballano all’impazzata
su un materassino in spiaggia.
Ci sei ora sulla mia Smemo
che poggia sulla mia coscia
vestita di un pantalone verde militare.
Sei gli occhi del ragazzo biondo
che c’era stamattina al bar
con gli occhiali scuri.
Sei nella mia stanchezza
nel ginocchio che mi tiene sveglia
e grida
gli scalini
urla
per i sassi al mare.
Sei il buco grande che
mi sento dentro
e non so se mi pensa.
Sei la lingua che penso
la bocca che voglio
sei un ectoplasma gigante
che sento così piccolo
rispetto a me.
Sei una faccia che
mi sogno d’aver davanti
prendermi tra le mani
entrare nelle labbra
e sussurrargli
Buon Compleanno Piccolino!”
   
(Icici -Croazia, 18 Agosto 2009, 33esimo compleanno di W.)
                   


Bay Bridge Officially Re-Opens After Years Of Repairshttp://www.versanteripido.it/croazia-ilaria-pamio/  

VERSANTE RIPIDO N 8 "VIAGGIO" - IL RACCONTO DEL MESE di Ilaria Pamio

Il numero 8 di VERSANTE RIPIDO è on line




Il racconto del mese: CRY! (BLOOD MIND) di Ilaria Pamio

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CRY! (BLOOD MIND)

racconto di Ilaria Pamio
   
Le natiche tagliavano le piastrelle fondendosi tra le venature del pavimento di marmo chiaro. La scapola destra poggiava su una parete, la sinistra sull’altra. Scomode. All’angolo di quelle due mura del salotto. Teneva la testa china tra le mani, i gomiti temporeggiavano sulle ginocchia, rannicchiate in pochi centimetri quadrati. Sollevò di scatto la testa quando dallo stereo partì Spank Thru, una delle sue canzoni preferite. Fu allora che si domandò che ore fossero. ”Porca puttana! Mio padre è un coglione!” sbraitò guardando La persiana della memoria sulla parete di fronte a sé “Come cazzo si fa? Come si fa, mi chiedo! Avere tre orologi con le lancette imbizzarrite. Quello stronzo deve trovare il modo di farle tornare normali”. La sua testa era sospesa nell’aria. Aveva ingurgitato anfetamine sciolte in alcool etilico. Non sopportava stare solo, e ora lo era. Le pupille dilatate non distinguevano un orologio vero da tre sciolti in un quadro. C’era stata una festa quella sera. I soliti amici, più qualche imboscato. Il tavolo in noce era saturo di bicchieri semivuoti. Uno dei calici a tulipano era per terra col corto gambo spezzato, reo di aver insozzato con Tennessee Whiskey il persiano rosso e blu sottostante.
Giorgio temeva di soffocare, tanto i suoi polmoni stavano affogando nel puzzo di pelle dei divani nuovi impregnati dell’odore di fumo dei vari mozziconi sparsi qua e là nei posacenere vintage in cristallo e argento. Erano gente_per_bene i suoi amici, universitari figli di papà con scarpe Prada, che si accompagnavano a biondine con borsette Louis Vuitton e vertigini su tacchi Gucci. Nessuno di loro si sarebbe mai permesso di cremare il tappeto del signor Pirola.
Ora Kurt stava gridando. Giorgio strinse forte la testa tra le mani e iniziò ad urlare: “Smettila! Smettila! Chiudi quella fogna di bocca! Chiudila per dio!”. Se ci fossero stati dei vicini, di sicuro qualcuno avrebbe chiamato la polizia, ma abitava in una villetta isolata. “Piantala, ti prego”, chiese ora con tono dimesso, singhiozzando come un bambino.
Chinò nuovamente la testa. Ma balzò in piedi immediatamente. Sbatteva le mani idrofobe sulle braccia invase da api “Cosa volete? Che vi ho fatto?”. Forse, durante le sue crisi depressive corrette con Xanax si era soffermato troppe volte a osservare il Sogno causato da un’ape attorno a una melograna un secondo prima del risveglio. Suo padre era un patito di Dalì, ma ignorava quanto quei quadri così onirici e suggestivi potessero impossessarsi della mente sognatrice del figlio. Più volte il ragazzo si era chiesto quale paura avesse accompagnato quella donna indifesa dall’assalto delle tigri. Ma di più lo preoccupava quell’ape nascosta sotto di lei, che avrebbe potuto pungerla a sorpresa. Ora quell’ape si era moltiplicata in cento, mille esemplari che usciti dal frutto si erano diretti verso di lui procurandogli un dolore intenso che spingeva, scoordinato quasi fosse posseduto, a dimenarsi tra sedie rivestite di velluto rosso, tavolini con sopra vasi liberty e carrelli con le bottiglie di Jack Daniels, Gordon’s Gin, Martini, Keglevich.
D’improvviso il ronzio terminò. Si guardò le braccia: sgorgavano sangue “Mi hanno riempito di squarci, ma almeno se ne sono andate”.
Il suo volto disegnò un sorriso esausto. Ora la calda voce di Lou Reed cantava “Just a perfect day, problems all left alone” e uscì, barcollante, dalla stanza, diretto verso il bagno, deciso a ripulirsi da quello schifo.
                        
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giovedì 7 agosto 2014

Vorrei che il mio cuore


"Vorrei che il mio cuore, per un attimo,
smettesse di respirare
e il fiato si facesse limpido
la testa smettesse di urlare.


Ho morse di piombo
attorno allo stomaco
e occhi privi di luce.


Vorrei un lunghissimo sonno
l'erba sullo sfondo
il rumore del vento, il sapore del mare."


(6 Agosto 2014, 2.04 a.m.)

- Immagine: Mark Ryden -